-Antica arte dei Nani- disse Gimli il nano.
Lo varcarono e videro una stanza di cui non si vedeva né soffitto né fine. Le colonne che sorreggevano la volta oscura erano scolpite con figure di animali: c'erano cani, draghi, aquile e persino galline. Ma nell'immensa sala erano presenti anche ospiti indesiderati. Sopra un mucchio di oro erano adagiati sei dragoni.
Avevano il corpo lungo e sinuoso di un serpente, a metà del corpo spuntavano delle zampe sottili e muscolose, simili a quelle dei cani selvatici. Le loro squame erano di un colore blu-grigio sul dorso e azzurro chiaro sul ventre. La testa a forma di serpente era contornata da una folta criniera di peli dorati e dalla bocca spuntavano lunghe zanne biancastre.
-Sono Galaki, serpenti delle cave.- disse Gandalf- L'esercito oscuro di Sauron li allevava per farli cavalcare dagli orchi, ma, per la loro imprevedibilità, furono liberati e sostituiti dai lupi mannari. Hanno zanne velenose quindi non fatevi mordere!-
-Non voglio averci a che fare, con quei maledetti serpenti! Quando abitavo nelle grotte insieme alla mia famiglia venivano e razziavano il nostro cibo. Molte famiglie sono state anche sterminate da queste creature. - ribadì Gimli disgustato.
Le bestie sembravano dormire un sonno profondo perciò la compagnia poté passare inosservata da quei mostri, ma dopo qualche passo il giovane hobbit Pipino inciampò su qualcosa e cadde. Uno scheletro di nano ancora con la barba gli piombò sopra e lui lanciò un urlo di terrore puro che svegliò uno dei Galaki il quale, aprendo i suoi occhi rossastri, li vide. -Correte forza!- gridò Aragorn, il cavaliere.
Non se lo fecero ripetere due volte e corsero più veloce che poterono fino ad un'apertura nella parete destra e vi si rifugiarono.
La stanza era piccola ma da una parete scendeva una scala che si perdeva nel buio della grotta. La percorsero finché un pezzo della strada crollò. Frodo e Boromir restarono dall'altra parte: lo hobbit riuscì a saltare senza problemi ma, mentre era in aria, arrivarono i Galaki.
Le creature morsero il braccio sinistro del cavaliere Boromir prima che potesse prendere lo slancio per saltare, appena appoggiò il piede sull'altro tratto di strada scivolò un poco e sarebbe caduto nel vuoto se Gandalf lo stregone non gli avesse preso la mano. Lo tirò su e proseguirono a correre finché non videro una luce alla fine delle scale. Frodo fu il primo a vedere la luce: l'aria era molto più calda di quando erano entrati nelle miniere e il sole era ancora all'orizzonte. Erano stati lì dentro per alcune ore.
-Aiutatemi- disse Aragorn, intento a spostare una grossa pietra sull'ingresso. I draghi erano quasi all'uscita della grotta. Si misero tutti a spingere la roccia per chiudere la cavità e Gandalf sigillò il tutto con un incantesimo.
Ma la felicità di essere scampati alla morte durò poco poiché si fecero sentire i lamenti di Boromir disteso a terra. Gandalf andò a controllare la ferita e appena alzò la manica della sua casacca lui lanciò un urlo da far ghiacciare il sangue nelle vene. Il suo corpo era colto da spasmi che gli deformavano l'espressione.
La ferita era formata da due grandi piaghe che affondavano nella carne ma la cosa più spaventosa era il sangue che usciva: era di un rosso cupo, quasi viola, il colore era dovuto dal veleno dei Galaki che si stava espandendo in tutto il corpo.
Gandalf tirò fuori dalle pieghe del mantello un frammento di una pietra grigia dalle sfumature azzurre, la avvicinò al morso del mostro e pronunciò alcune parole a bassa voce. Il sangue si schiarì e cambiò colore fino a tornare a un aspetto naturale. Poi lo stregone strappò una striscia di tessuto dai calzoni di Boromir e gliel'avvolse intorno alla ferita.
- Il morso guarirà con qualche giorno. Adesso pensiamo a noi! Siamo nelle terre di Rohan, abbastanza vicini alla foresta di Horst. Legolas, cosa vedi con i tuoi occhi da elfo? - esclamò lo stregone.
- All'orizzonte non c'è traccia di orchi, ma preferirei passare la notte al riparo tra le fronde di Horst -disse lui.
- Quindi dobbiamo arrivare alla foresta di Fort prima di sera? Faremo pranzo? - esclamò Sam. Come ogni hobbit aveva esigenza di rifocillarsi almeno due volte al giorno.
- Si dice Horst, comunque, ma sì, dobbiamo raggiungerla prima del crepuscolo - rispose Aragorn - E no, non faremo pranzo perché potremo finire il cibo - Dopo queste parole si incamminarono per Horst tra i mugugni del buon vecchio Sam Gamgee che sentiva nostalgia di casa e della cucina.
Nessun commento:
Posta un commento